GLACIOLOGIA

Il ghiaccio più vecchio

di Roberto Seppi

I ghiacciai dell’Antartide sono uno straordinario archivio di informazioni sulla storia del clima del nostro pianeta (Programma Nazionale di Ricerche in Antartide – foto di R. Seppi)

Fig. 1 - I ghiacciai dell’Antartide sono uno straordinario archivio di informazioni sulla storia del clima del nostro pianeta (Programma Nazionale di Ricerche in Antartide – foto di R. Seppi)

Negli ultimi anni, gli studi effettuati sulle carote di ghiaccio estratte dalle calotte delle regioni polari del nostro pianeta (principalmente Groenlandia e Antartide) hanno consentito di consultare un archivio paleoclimatico e paleoambientale vecchio di molte centinaia di migliaia di anni.

I ghiacci delle calotte polari non sono altro che le successive nevicate accumulatesi nel tempo e lentamente trasformate, prima in firn (materiale di passaggio nella trasformazione della neve in ghiaccio) e successivamente in ghiaccio.

Una condizione essenziale affinché i dati paleoambientali si possano conservare indisturbati nella successione degli strati di ghiaccio è che non vi siano fenomeni di fusione e di percolazione d’acqua, che possono alterare e rendere illeggibili le informazioni racchiuse nel ghiaccio. Altra condizione essenziale è che il ghiaccio non abbia subito movimenti in senso orizzontale e che la deformazione degli strati sia avvenuta soltanto in direzione verticale a causa della pressione esercitata dal peso crescente di quelli soprastanti. Così le trivellazioni vengono effettuate nella parte centrale della calotta, dove lo spostamento laterale del ghiaccio è trascurabile. In questo modo, una perforazione verticale raggiunge strati di ghiaccio progressivamente più profondi e più vecchi (cfr. fig. 5).

Preparazione di una carota di ghiaccio estratta in Antartide (foto: Programma Nazionale di Ricerche in Antartide)

Fig. 2 - Preparazione di una carota di ghiaccio estratta in Antartide (foto: Programma Nazionale di Ricerche in Antartide)

I parametri fisici e chimici misurati lungo le “carote” di ghiaccio estratte dalle calotte polari sono direttamente legati alle condizioni dell’atmosfera (e quindi del clima) del passato. In alcuni casi è addirittura possibile analizzare le bolle di “aria fossile” imprigionate nel ghiaccio. I principali dati paleoambientali che si possono ricavare sono la temperatura e l’umidità dell’aria, la composizione chimica e il contenuto di polveri dell’atmosfera, la circolazione atmosferica e la velocità del vento, l’attività solare e l’attività vulcanica.

Il ghiaccio più vecchio estratto fino ad oggi appartiene alla perforazione denominata EPICA realizzata in Antartide, presso il sito di Dome C (3230 m sul livello del mare), all’interno di un progetto europeo nel quale gli studiosi italiani e francesi hanno avuto un ruolo determinante. Si è conclusa nel dicembre 2004 e ha raggiunto la profondità di 3270 m, attraversando l’intera calotta dell’Antartide Orientale e sfiorando la base rocciosa sottostante. Si stima che il ghiaccio più profondo abbia un’età di circa 950.000 anni, mentre fino ad oggi sono stati esaminati i dati paleoambientali relativi agli ultimi 740.000 anni. (inserire fig. 4)

In Antartide sono in programma altre perforazioni profonde, che probabilmente consentiranno di estrarre ghiaccio molto più vecchio di un milione di anni (1,2 e forse fino a 1,5 milioni di anni).

Un ghiacciaio alpino. (Ghiacciaio de la Mare, Val di Peio; foto: archivio CGT)

Fig. 3 - Un ghiacciaio alpino. (Ghiacciaio de la Mare, Val di Peio; foto: archivio CGT)

Il ghiaccio estratto dalla calotta polare della Groenlandia è molto più “giovane” e conta al massimo poco più di 120.000 anni. Qui però ci sono altri vantaggi rispetto all’Antartide. Le nevicate più abbondanti che si verificano in Groenlandia (e quindi il maggior accumulo nevoso sulla calotta glaciale) consentono di avere una “risoluzione” maggiore nei dati paleoambientali contenuti nelle carote di ghiaccio, che nei casi migliori arriva ad essere di scala annuale. I dati della Groenlandia, inoltre, riflettono in modo più diretto le condizioni paleoclimatiche e paleoambientali dell’emisfero settentrionale.

Gli strati di un ghiacciaio alpino rappresentano gli accumuli annuali, da quelli più giovani verso l’esterno a quelli più vecchi in profondità. (Ghiacciaio de la Mare, Val di Peio; foto: R. Seppi).

Fig. 4 - Gli strati di un ghiacciaio alpino rappresentano gli accumuli annuali, da quelli più giovani verso l’esterno a quelli più vecchi in profondità. (Ghiacciaio de la Mare, Val di Peio; foto: R. Seppi).

Sulle Alpi, la maggior parte dei ghiacciai è soggetta a fenomeni di fusione estiva e la circolazione d’acqua cancella ogni possibile traccia di dati paleoambientali. Inoltre, il movimento che li caratterizza deforma l’originale successione degli strati di ghiaccio.

Soltanto pochi siti sono adatti ad effettuare perforazioni profonde nel ghiaccio allo scopo di ottenere dati paleoambientali. Si tratta di aree poste sopra i 4000/4300 m di quota, dove la fusione è estremamente limitata e dove la deformazione indotta dal movimento della massa glaciale è ridotta al minimo. Gli ingenti accumuli nevosi caratteristici dell’area alpina consentono di estrarre ghiaccio vecchio al massimo qualche centinaio di anni, ma la risoluzione dei dati ambientali rilevati è elevatissima, consentendo di osservare anche le variazioni di tipo stagionale.

 

Adulto di Efemerottero (foto B. Maiolini)

Fig. 5 - Illustrazione schematica di una calotta polare. Le perforazioni vengono effettuate nel settore centrale. A destra è mostrata la lenta trasformazione della neve in ghiaccio. (illustrazione tratta da: Baroni C. 2001. Antartide, terra di scienza e riserva naturale, 280 pp.)

 

 

 

 












foto in homepage:

La base italo-francese di Dome C, situata nei pressi del sito dove è stata estratta la carota di EPICA (foto: Programma Nazionale di Ricerche in Antartide).

gennaio 2007

Per saperne di più

 

Cozzi G, Barbante C. 2004. I ghiacciai alpini, archivi ambientali della qualità dell’aria: la valutazione dell’inquinamento da metalli pesanti negli ultimi secoli. In: Il ghiaccio nelle Alpi, Orombelli G. (eds): 11-24.

 

Maggi V, Casati P, Uglietti C, Marino F, Filipazzi M, Stenni B, Udisti R, Floria O. 2004. I ghiacciai alpini, archivi ambientali della qualità dell’aria: l’evoluzione del carico chimico e delle polveri atmosferiche nell’ultimo trentennio. In: Il ghiaccio nelle Alpi, Orombelli G. (eds): 25-34.

 

Orombelli G. 2005. Cambiamenti climatici. Geografia Fisica e Dinamica Quaternaria Supplementi 7: 15-24.

 

Traversi R, Becagli S, Castellano E, Severi M, Morganti A, Udisti R. 2005. Ricostruzioni paleoclimatiche e paleoambientali per l’ultimo milione di anni di storia climatica della Terra, dall’analisi di carote di ghiaccio prelevate in Antartide. Nimbus 11 (luglio-dicembre 2003): 6-19.